Gli affreschi sulla volta della Cappella Sistina, nella Città del Vaticano, furono svelati da Papa Giulio II il 31 ottobre 1512. A 500 anni di distanza, l’opera di Michelangelo resta ancora un capolavoro assoluto, ”lucerna dell’arte nostra”, come la definì lo storico dell’arte Giorgio Vasari, ancora oggi meta di milioni di visitatori provenienti da ogni parte del mondo.
Per festeggiare l’anniversario, nei Musei Vaticani e a Roma si svolgono alcuni eventi gratuiti. Presso la Biblioteca della Camera dei deputati, viene inaugurata il 31 ottobre la mostra ”Michelangelo e la Cappella Sistina nei disegni autografi della Casa Buonarroti”. La mostra, con ingresso libero, è aperta al pubblico fino al 7 dicembre (dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 20 e sabato dalle 10 alle 13).
La Cappella Sistina prende il nome da Papa Sisto IV della Rovere (pontefice dal 1471 al 1484) che ne cominciò i lavori, affidando la decorazione a un gruppo di pittori, tra i quali Pietro Perugino, Sandro Botticelli e Domenico Ghirlandaio, con le rispettive Botteghe: sulla volta fu dipinto un cielo stellato.
Giulio II della Rovere (pontefice dal 1503 al 1513) e nipote di Sisto IV, decise di modificarne in parte la decorazione affidando, nel 1508, l’incarico a Michelangelo Buonarroti che percepì un ottimo compenso e che, oltre alla volta, dipinse anche le lunette. Il Papa dovette aspettare ben quattro anni prima di ammirarla, ma la sera del 31 ottobre 1512 il Papa ‘guerriero’, come veniva soprannominato, svelò la volta e la mattina seguente, giorno di Ognissanti, la inaugurò con una solenne Messa.
Aveva 34 anni Michelangelo quando mise mano all’opera; era giovane ma già famoso per statue come il David e la Pietà. Ammirato ma non amato dai sui “colleghi”, considerava la commissione della Cappella Sistina con il massimo sospetto. Credeva addirittura che nemici e rivali avessero architettato un piano per vederlo fallire su grande scala. Lo scultore avrebbe voluto lavorare al gigantesco progetto della tomba per il papa, che in origine doveva contenere 40 statue, e per questo aveva trascorso otto mesi sulle montagne di Carrara con due uomini e un asino a scegliere il marmo migliore. Ma la nuova richiesta di Giulio II “il papa terribile”, non ammetteva rifiuti. E un riottoso Michelangelo cedette. In quattro anni, lavorando praticamente da solo ( i pochi collaboratori svolgevano compiti secondari) e non senza ostacoli, su un’impalcatura a venticinque metri d’altezza col capo costantemente rivolto verso l’alto, Michelangelo Buonarroti riesce a confezionare il “sovrumano”. Usando la tecnica dell’affresco, la più difficile quella che solo i maestri veri sanno mettere in pratica perché richiede velocità e rende impossibili i ripensamenti, ricopre la volta della Cappella di Sisto IV, lunga 40 metri e larga 13, con oltre mille metri quadrati di pittura. Il racconto del sacro prima di Cristo, scene dal Libro della Genesi, dalla Creazione, della Caduta, del diluvio e di Noè. Adiacenti a ciascuna, su entrambi i lati, i ritratti immensi dei profeti e delle sibille che preannunciano la venuta del Messia. Sul fondo di pennacchi e lunette, gli antenati di Gesù e storie dell’antico Israele e, sparse, le figure più piccole di putti e ignudi. In totale più di 300 figure cui s’aggiungono gli elementi architettonici e le modanature che sezionano il soffitto, realizzate da Michelangelo con uno straordinario effetto 3D.
Misteri, elementi nascosti, messaggi esoterici, molti vogliono vedere nella volta di Michelangelo il non scritto, l’invisibile. Ma se è vero che l’artista – dotato di profondissima spiritualità e certo supportato nel suo lavoro di ricerca da teologi sopraffini – ha riempito il suo capolavoro di colti riferimenti (per approfondire la lettura della volta i volumi sono numerosi), il mistero più grande della Sistina forse è proprio Michelangelo, la sua straordinaria capacità d’artista che sfida la tecnica, la prospettiva, i suoi umanissimi limiti fisici per realizzare la più grande apologia del corpo umano mai concepita; il mistero – per noi contemporanei – è la sua libertà d’artista, quella che gli permette di riempire i suoi capolavori di ignudi, di ritrarre – nella cappella del Conclave – il sedere di Dio. 500 anni fa, per dare vita all’inimmaginabile.
E a 500 anni di distanza, il monumento più prezioso della cristianità è vittima della sua importanza. Duemila e cinquecento metri quadrati di pitture murali (oltre la volta impossibile non ricordare l’affresco michelangiolesco del Giudizio Universale, e le opere, straordinarie, dei maestri rinascimentali lungo le pareti laterali) sono ammirate ogni anno da cinque milioni di persone, con punte di ventimila visitatori al giorno ognuno dei quali resta col naso all’insù mediamente tra i dieci e i quindici minuti, emanando anidride carbonica, calore (tra il giorno e la notte vi è uno scarto termico di alcuni gradi proprio a causa dei visitatori) e lasciando sul posto la polvere degli abiti e delle scarpe. L’immensa opera è tragicamente fragile, soggetta a polveri sottili ed umidità che rischiano di comprometterne per sempre la bellezza. E si prova a correre ai ripari con nuovi apparecchi che saranno installati per preservare gli affreschi di Michelangelo che solo 18 anni fa sono tornati allo splendore originario in virtù di uno dei restauri più significativi dell’intera storia dell’arte. La sfida, 500 anni dopo Michelangelo, è che l’opera possa giungere alle generazioni future.
Fonte scritto: www.camera.it, www.daringtodo.com
Fonte immagini : Wikipedia